Erano innamoramenti fugaci, di qualche giorno e notte. Poi ne arrivava un’altra e tutto ripartiva daccapo. Con lo stesso ineguagliabile romanticismo. Il più delle volte gli incontri avvenivano a messa, in quella chiesetta di fine Seicento. Le osservavo con i loro bellissimi visi, le acconciature più fantasiose, quasi sempre serie e assorte, agghindate con abiti pieni di pizzi e merletti. Erano i primissimi anni Ottanta, ma era come trovarsi in uno spazio senza tempo, folcloristico, dove l’Italia veniva meno, e avevano il sopravvento l’impero austro-ungarico, la lingua tedesca, suoni e melodie che rimandavano ai valzer viennesi. All’epoca mi sposavo cinque o sei volte all’anno ed erano ogni volta fortunose stellate di San Lorenzo.