Lei è sulla quarantina, lui sulla ventina. La differenza di età è palese, ma nessuno dei due pare farci caso. Va bene così. Lei era sposata e ora dà l’impressione di volersi divertire. Il mio amico gli offre una canna. Se la fumano insieme, come compagni di merende. Io, non fumando, li sto a guardare annoiato. Mi chiama Nicola per dirmi che Troubadour gli è piaciuto tantissimo. Colgo l’occasione per svincolarmi e gironzolare per viale Monza a caccia di streghe, ripensando a mio nonno paterno che da queste parti era di casa. Più di cinquant’anni fa.
Per la prima volta al Barcaiolo, a Pescarenico. Felice serata. Due persone mi stuzzicano più delle altre. Un signore anziano con le lacrime agli occhi che canticchia le canzoni di Gaber, e un tipo squinternato che sa di alcol lontano miglia, che mi invita a suonare con lui sul piazzale antistante il locale. Mi raggiungono Andrea, Mauro e rispettive consorti. Dimenticavo il funambolico assistente del suono, che per poco non manda all’aria tutto l’impianto.
Riprendo la stagione al Cattaneo di Monza. Mi accompagna Ivan che si accomoda a mangiare, importunando una cameriera. Scatta qualche foto e bestemmia. Ha un certo feeling con la bestemmia. Mi sento in imbarazzo per lui, sarei tentato di contenere la sua esuberanza, ma non serve; alla fine la serata prende il largo senza patemi. Due ragazze russe, larghe e pacchiane, mi chiedono se conosco una canzone nella loro lingua. Le accontento con Katyusha, brano risalente alla Seconda guerra mondiale che ho sempre amato.
Qualcosa di molto simile al concetto di libertà assoluta. Fuori da qualunque schema e stereotipo. Libero. Di cantare davanti a sconosciuti, in una terra bellissima e antichissima, affacciata sul mare. Li chiamano busker, ma io avevo nella mente soprattutto un signore che vive nei paraggi da millenni, che si muove con sempre più difficoltà e a quanto pare ha scritto duecento canzoni. Così dicono di lui gli amici. Prima o poi busserò alla sua porta per saccheggiarlo.
Dalle parti di Piacenza per il matrimonio della Sally. In scaletta anche canzoni dei Beatles e dei Waterboys, coi Radio Corneliani al completo. In macchina fin laggiù con l’amico compagno di mille avventure, Marco Cobianchi, ultimo a sinistra, nella foto. Giornata molto divertente, solleone, arsura, vino a volontà.
Curt dal Furno, Omate. Bellissima corte, bellissimo cielo, pessimo concerto.
Nella curt di Scepalot ci passavo sempre da bambino per andare a casa. Ci sono passato miliardi di volte con mio nonno, respirando il profumo caratteristico dei pioppi che poco più avanti crescevano rigogliosi. Qui abitava il Luigi, mitico personaggio alle dipendenze di villa Corneliani. Per poco non lo facevano fuori durante la Seconda guerra mondiale; fine toccata invece a Mario Perego, commemorato da una targa di fronte alla Star (e anche da una mia canzone!). I suoi racconti m’ipnotizzavano. Un giorno mi disse che, durante la ritirata di Russia, avevano così fame che erano stati costretti ad ammazzare un asino scheletrico, pieno di malattie. Per lui ho scritto Luigi, a lui mi sono appellato per Caporetto. C’erano anche i suoi parenti ad assistere al concerto, uno dei migliori che abbia mai fatto con i Radio Corneliani. E’ stato bello, peraltro, rivedere Gianni, di ritorno dall’America, e ospitare sul palco Steve Rudivelli, Miko Cantù e Antonio di Rocco. Alla fine mi viene incontro una ragazza con un vestito a fiori, conosciuta qualche tempo prima in un pub di Monza. La vede la Sofi e sgrana gli occhi preoccupata.
L’estate è alle porte… e con essa la voglia di raccontare storie di tutti i giorni, dove non accade (quasi mai) niente, ma proprio per questo succede di tutto.
Oggi sto dall’altra parte delle barricate e al lavoro di giornalista sostituisco quello di musicista/storico…
Serata strana. Corro in mezzo a un prato per respirare l’imminente estate a pieni polmoni. Rientro e una ragazza piuttosto avanti con gli anni si accomoda sola al tavolo che mi sta di fronte. Ordina da bere un bicchiere di vino bianco. Io canto. Lei mi guarda. A un certo punto si mette a piangere. Io continuo a cantare domandandomi cosa le prende. Non ho modo di capirlo. Abbandona sul tavolo una banconota da 20 euro e sparisce nel nulla come uno spettro.