6 ottobre 2015
DIARIO 0 Commentialla deriva
in effetti sono ben poco credibile, tuttavia anche a me è capitato di governare una barca a vela, orza, poggia, stramba… e chissà dove andremo a finire…
in effetti sono ben poco credibile, tuttavia anche a me è capitato di governare una barca a vela, orza, poggia, stramba… e chissà dove andremo a finire…
insomma le cose potevano andare bene, ma non così bene. e invece… è stato un pomeriggio davvero brillante. c’era il sole e i profughi sembravano felicissimi della nostra visita. abbiamo fatto un bel po’ di canzoni in milanese, ma ad avere la meglio è stato bob marley. c’erano con noi delle ragazze, compresa la nikki. hanno ballato con i profughi e… mentre cantavo ho percepito un gran senso di libertà. la libertà. c’è un punto – a un livello forse superiore alla quotidianità – dove tutte le persone si incontrano. oggi ci siamo incontrati. non è un sentimento facile da percepire, ma per me oggi è stato così. e credo davvero che dovrebbe essere sempre così. non so quando arriveremo a un traguardo del genere…
ieri poi è stata una serata rocambolesca, troppe notizie, alcune tutt’altro che felici, riguardano un ragazzetto della mia scuola, avevo appena iniziato a farmelo amico… non è stato facile suonare per più di due ore. alla fine un tipo mi si avvicina e mi chiede da dove vengo. benché gli dica che sia di milano, lui non ha dubbi: ho l’anima campana. di fatto da sempre canto con estrema disinvoltura le canzoni in napoletano, non so come possa accadere, e se davvero avessi qualche avo proveniente da quelle parti? so che il mio bisnonno lo chiamavano col nome di una maschera napoletana, vorrà dire qualcosa?
ebbene sì, ci vuole una certa audacia. mi viene in mente solo van morrison che ha scritto un pezzo intitolato TB Sheets. io sono già al terzo. conclamato. GASTROENTERITE, TBC, e ora, in occasione del cd di Vimercate, terzo e ultimo capitolo della trilogia del villaggio, COLERA. oh sì, ci vuole una certa audacia, ma ben venga. è una storia di amore, di oltre cento anni fa, lui non aveva ancora 40 anni, un’epidemia di colera… lei era una ragazza, galimberti, la galimberti… rieccoli fra noi con questa apocalittica canzone!
COLERA
Io e il colera
Veniamo di sera
Con l’aria svampita
Con l’aria rapita
Dall’estasi immonda
Di un gatto persiano
Veniamo per poco
Viviamo di vino
Cerchiamo risposte
Fra i cerchi del grano
Giuriamo vendetta
Giuriamo pazienza
E pazienza non basta
E così sia
Io e il colera
Non siamo di casa
Ma siamo di corte
Di qui Vimercate
Di là la vendemmia
La sposa non ride
Si chiama respiro
La sposa già piange
Si chiama domani
Parentesi strana
Di frasi sconnesse
Toh, la Galimberti
Bellissimo amore
E così sia
Io e il colera
Due facce da lupo
Due facce di pelli
Segnate dal sole
Con la Galimberti
A un palmo di naso
E amarla per sempre
O amanti per caso
Fin quando la nebbia
Fin quando un sorriso
Non regnerà ancora
Per queste contrade
Per questi cortili
E così sia
Sentiamo il profumo
Del pane sfornato
Del miele accasato
Del giro d’Italia
Sognavo le labbra
Di lei, Galimberti
E adesso mi annuso
Che sto per andare
Che sto per venire
Per mari e per monti
Io e il colera
Fintanto che è sera
Fintanto che è buio
E così sia
All’epoca scrivevo canzoni acerbe che finivano dritte in spazzatura. Ma col tempo mi sono accorto che non tutto era da buttare e che quel che non andava poteva essere limato dandogli degno valore. Oggi le ho definitivamente riesumate proponendole anche dal vivo e… eccole qui, semmai qualche folksinger volesse dire la sua o chiunque altri confrontarsi con qualcosa che, di fatto, oggi non si usa far più: ascoltare storie.
fra un po’ istituzionalizzeremo anche il pensiero? spero di no. intanto la missione della domenica delle torte può già dirsi andata a buon fine. dovevamo essere solo io e mauro, potremmo essere molti di più. ma il risultato è un altro. lo scopo era un altro. si legge fra le righe. il chiasso suscitato prova la coda di paglia di troppi guappi e la totale mancanza di fantasia del popolino. how many roads must a man walk down, before you call him a man?
poi ci sono quei matrimoni dove fila tutto perfetto, dove si è una specie di grande famiglia. si canta e si suona fino a tarda ora e non è mai tempo di smettere, semmai di zittire gli amplificatori e darsi all’acustico. come in quest’occasione che sibiliamo dirty old town a pochi respiri da due sposi speciali.
tre giorni in barca a vela, ma forse non è proprio il mio ambiente ideale. troppo claustrofobico. certo i paesaggi, i ragazzi e una collega brillante fanno molto. arrivederci portovenere.
Un’idea per la festa del paese: coinvolgere i profughi facendogli assaggiare le tradizionali torte al latte e ascoltare qualche canzone in milanese. Domenica 4 ottobre si parte, destinazione hub-casa cantoniera, dove alloggiano i nuovi ospiti. Il ritrovo (possibilmente in bici), davanti all’ingresso principale della Star, intorno alle 14.00…
I motivi dell’iniziativa (se vi va di invitare qualche amico…)
Siamo noi in prima persona che dobbiamo metterci in gioco. Perché l’accusa che rivolgiamo all’Onu e al governo è un’accusa che in realtà rivolgiamo a noi stessi. In entrambi i casi il problema è uno solo: manca la volontà di fare qualcosa. La domenica delle torte è pertanto uno stratagemma per osservare su piccola scala quel che fanno i piani alti. E permetterci di renderci conto che l’indolenza delle istituzioni è la nostra stessa indolenza. La soluzione al problema dei profughi dovrebbe partire innanzitutto da noi, dai singoli, dal popolo. Dalla nostra capacità di rapportarci civilmente e altruisticamente con l’hub che sorge a pochi metri dalle nostre finestre. Ricordandoci che per regalare un sorriso non serve una delibera o l’approvazione della Merkel. Basta prendere la bicicletta e superare il ponte dell’autostrada. Finché noi tutti non saremo in grado di compiere questo minuscolo, ma grandissimo passo, le alte sfere governative non troveranno mai una soluzione. E noi continueremo a lamentarci di un sistema malato che paradossalmente avrà il solito e scontato alleato: la nostra pantagruelica indifferenza.
vedi trasversalmente le cose e può essere che si possa insegnare chimica anche così, o no?