Un po’ credere ai fantasmi e all’atavico pensiero di essere dominati dall’irrazionale, così funziona alla grande il paganesimo halloweeniano. Anche stasera, dunque, all’antica Galeria dell’Ortica torneremo a canticchiare qualche murder ballads. Ché senza andare troppo lontani ne abbiamo anche noi del tipo. Magari suonano meno naif di quelle di Re Inchiostro ma sono altrettanto suggestive. Sono le cosiddette canzoni della mala(vita). Una in particolare calza a pennello per la serata incombente. E’ quella della povera Rosetta, scritta e composta nel 1914 all’indomani di un delitto mai dimenticato. Da una parte una giovane amante che batteva dalle parti di piazza Vetra, dall’altra un poliziotto pazzo di gelosia… buoni mostri a tutti!
fa un po’ di tristezza e un po’ viene da ridere, di malinconia. ma è così: ai grandissimi concerti non ci va nessuno. ieri a vedere i moriarty a cantù saremo state 40 persone. per una lezione di musica, stile, eleganza, lungimiranza. il concerto se n’è andato in un baleno. rosemary canta divinamente e ha un carisma invidiabile. gli altri, i ragazzi, le stanno al passo, suonando mille strumenti diversi. un brano del 1932, poi hank williams, poi brani originali franco-americani. alla fine mi sono infilato nel camerino e ho regalato alla band il mio libro sulla storia della musica francese, facendo notare il capitolo sui moriarty. gli ho lasciato anche un mio cd, huck is back: l’idea che possa risuonare a parigi anche solo per pochi minuti mi basta. di risposta ho ricevuto in omaggio l’ultimo lavoro della band che mi sono già gustato tornando a casa lungo una strada sconosciuta, avvolto dalle prime nebbie della stagione… un tuffo nella musica roots, un tuffo nell’america di steinbeck e kerouac, certo.
colpisce per i costumi gotici e l’oggettiva bravura della protagonista. così quand’ero a spasso per varsavia ricordo i volti tondeggianti dei polacchi. benché in lei ci sia anche qualcosa di australiano. è come se a volte l’intelligenza si potesse leggere negli sguardi delle persone, qualcosa del genere… un libro del tipo non si scorda e se è riproposto in questa veste men che meno. brava la wasikowska, bravissima charlotte
il potere della lettura. sicché in questi giorni sto leggendo quattro libri contemporaneamente. uno più miracoloso dell’altro. la nausea di sartre in realtà è una rilettura. e così una stagione all’inferno di rimbaud. la sorpresa è la storia di majorana vista da magueijo. è un cosmologo portoghese, padre della velocità della luce variabile, ma sa anche raccontare benissimo e così le vicende di neutrini e positroni vanno perfettamente a braccetto con vicissitudini umane di grande fascino. non sapevo per esempio di dirac, e dei suoi sempiterni silenzi, diceva in media una parola all’ora! ultimo libro, ma non è una novità, bill bryson che racconta del 1927 americano, con un numero sorprendente di aneddoti. la storia con la sua prosa diviene una compagna imprescindibile con cui trascorrere una surreale serata autunnale. mia moglie dice che leggo troppo, sarà vero?
Dunque ieri
Parlandone
Ci siamo detti un po’ di frasi
Tipo l’armistizio siglato da un pezzo
Ma non l’inesperienza
Eppure siamo convinti
Che il gioco valga la candela
Io non blatererei tanto al miracolo
Ci sono troppe questioni ancora da risolvere
Dapprima la disanima sul libero arbitrio
Sappiamo cosa è meglio fare e… non fare
E allora come ci aggiustiamo?
Proviamo con la fiamma ossidrica?
(Non di solo Brodskij vive l’uomo!)
Si chiamano Moriarty in onore di Jack Kerouac. La loro mamma (si vocifera) è la sconosciuta ma famosissima Girl from the north country decantata da un certo Allen Zimmermann. Ho avuto persino l’onore di parlarne in occasione dell’uscita di un vecchio libro sulla storia della musica d’oltralpe (qui la scheda). Domani sera suonano a Cantù. La mia Punto da sfasciacarrozze è già in pista. Se qualche amico volesse aggregarsi…
anche tu pensi che non si possa andare troppo in là e quando si arriva a brodskj, insomma, s’è n’è fatta di strada. brodsky… mi fosse capitato prima fra le mani gliene avrei dette quattro. così ragiona lui, senza tanti fronzoli…e mandel’stam?
ho un amico di nome al bon. ieri mi ha invitato alla sua festa, un’alcova di artisti più o meno improvvisata. ci sono andato con miko e ivan, sulla mia punto da sfasciacarrozze. là c’era già sergio con la sua fisarmonica e il suo sguardo sornione e assonnato. abbiamo fatto due brani, al volo, estemporanei come un battito d’ali. la birra artigianale ha fatto il resto…
finalmente siamo andati anche noi a expo. pensavo a una palla unica, e invece… sorpresa nella sorpresa… il mondo, s’è incontrato il mondo, l’idea almeno, profumi di spezie, suoni, colori… insomma: bello, bellissimo
Una bravissima prof e amica condivide con me l’idea di portare musica fino in quinta superiore, e mi segnala un bello scritto di Daniel Pennac, che sostiene l’intima e poetica correlazione fra una classe e… un’orchestra. «Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica». Non dovrebbe essere così?
Dopo tanti anni da studente e poco più di un anno da prof ho capito una cosa. Nelle scuole manca la musica. Non necessariamente quella legata a note, pentagrammi e melodie. Intendo l’attitudine del docente a forgiare giovani in grado di pensare con la propria testa. Le nozioni didattiche sono importantissime, ma del tutto inutili se non supportate dal libero pensiero. Prima della propria disciplina si dovrebbe quindi trasmettere la capacità di pensare criticamente e autocriticamente. Senza questo traguardo non si creano professionisti, ma robot. Perfetti per costruire una funivia, ma del tutto impreparati a gestire ciò di cui l’uomo ha più bisogno: la capacità di guardare oltre il proprio orticello. Certo, un aiuto può giungere dalla musica, quella vera. Ecco perché voterei per l’introduzione obbligatoria di due ore alla settimana di musica in tutti gli istituti, fino alla quinta superiore. Di fatto gli uomini vanno in galera, a pesca o alla guerra cantando. E qualunque sia la nostra opinione facciamo la rivoluzione con una canzone. Varrà tutto questo meno della sintesi proteica o del Decameron?