Crescendo, o forse diventando marito e padre, ho finalmente compreso il valore delle donne nella società; ho capito le fatiche che hanno sopportato e i dolori patiti. Molto più degli uomini. Noi abbiamo combattuto molte guerre, ma loro hanno combattuto ogni giorno. Spesso contro la nostra boria e il nostro narcisismo. Spesso nel silenzio e nella rassegnazione. Oggi 8 marzo, festa delle donne, per la prima volta sono fiero e cosciente di celebrare la loro forza. Felicità per il gentil sesso, oggi e per sempre.
C’era una volta un locale molto anni novanta, dove si faceva bella musica dal vivo. Ci passavano cantautori e band reggae; e se non c’era musica, bastava una birra o un’esposizione di fotografie.
Ieri, dopo dieci anni di oblio, l’ho trovato così, un po’ addormentato, ma (almeno nella fantasia) pronto per ripartire daccapo.
canzoni che arrivano così all’improvviso chissà da dove me le ritrovo fra le mani eccone un’altra, boh
Assenzio
Ho visto l’estate arrivare
Qualcuno la chiama anche casa
Piuttosto che orme fasulle
Nel cuore vederla persuasa
Gli spiriti della montagna
Non sono diversi da noi
Rimpiangono i muri e il silenzio
Ricambiano in gesti di eroi
Assenzio, assenza
E gli occhi non bastano mai
C’è ancora qualcosa da prendere
E al mondo ti ci abituerai
Potessi trovarmi di spalle
Vedere la notte che arriva
Cambiare la rabbia in pazienza
Parentesi approssimativa
Di assenzio si muore per gioco
Di amore si vive in eterno
Probabile e inutile fallo
Nemmeno lo sa il padreterno
Assenzio, assenza
E gli occhi non bastano mai
C’è ancora qualcosa da prendere
E al mondo ti ci abituerai
Se gli occhi arrossati non sono
Qualcosa di perso sarà
La luce che brilla e rimbalza
La gioia e le perplessità
Ma temo l’orchestra ubriaca
Che sola può dire chi è
Tradita la solita storia
Sentieri che portano a te
Assenzio, assenza
E gli occhi non bastano mai
C’è ancora qualcosa da prendere
E al mondo ti ci abituerai
Ma oggi non siamo, né ieri
Perché rider di nostalgia
Per ovvie ragioni si intende
Le ombre del cavalcavia
Raduno pensieri e speranze
Fintanto che dico ma sì
Canzoni che ingannano il tempo
Canzoni venute così
Assenzio, assenza
E gli occhi non bastano mai
C’è ancora qualcosa da prendere
E al mondo ti ci abituerai
giorno poetico di quasi primavera benché uggioso e grigio e umido mi muovo apparentemente senza meta e finisco in una fantastica trattoria stile anni cinquanta dopoguerra circolino dove provo a sedermi per un pranzo al volo. mi rimpinzano come non so e mi metto a leggere il giornale osservando i miei vicini tipi dall’aria serena che parlano di sport sport sport. la felicità
17 marzo 2016, festa di #SanPatrizio, #Shamrock, #Lecco. Sarà una festa lunga un giorno e io avrò il piacere di aprire le danze. Per l’occasione rispolvererò vecchi brani della tradizione irlandese e appalachiana, puntando poi sul mainstream: Van Morrison, Chieftains, Shane MacGowan, Mike Scott, Christy Moore. Ecco il programma completo:
Ore 12.00 – Apertura del pub e cucina in funzione fino alle 2 di notte (per il pranzo è possibile prenotare)
Ore 12.30 – Concerto “Irish Roads” con Gianluca Grossi
Ore 15:00 – Presentazione del libro “Per l’onore d’Irlanda”
Ore 16:00 – Concerto “Il Mercante” con Francesco Alessandrini
Ore 18:30 – Concerto “Mesedòz” (Irish Folk Band)
Ore 20:30 – Esibizione di danze irlandesi all’aperto con “La Compagnia TraBallante”
Ore 22:00 – Concerto “Meneguinness” (Irish Folk Rock)
Con la primavera vorremmo tornare a fare visita ai profughi con le famiglie; seguendo lo stesso iter dell’altra volta, con l’invio in prefettura dei documenti per l’ottenimento dei pass. Domenica 17 aprile. Puntiamo a organizzare uno spettacolo circense all’interno dell’hub, con giocolieri e amici che possano stupire con qualche bizzarria; consentiremo ai ragazzi di ascoltare la loro musica preferita, mentre qualcuno andrà in giro a distribuire dolci e bibite. Rispetto alla domenica dei panettoni (e delle torte) ci sarà l’opportunità, per chi vorrà, di invitare un profugo a un concerto hip-hop. Scopo dell’iniziativa, porci in antitesi al pensiero comune europeo: si chiudono le frontiere e noi ci apriamo. Siamo piccoli cittadini che non possono molto, ma rimanere indifferenti a migliaia di persone che stramazzano per fuggire da paesi pestilenziali è inconcepibile. Anche noi abbiamo il dovere e il diritto di fare qualcosa. Proviamo perlomeno ad arginare la paura, partendo dal presupposto che se tutti avessero le stesse chance non ci sarebbe il caos che ci circonda. Non c’è alcuna connotazione politica, ma solo la volontà di vivere l’integrazione attivamente; andando possibilmente oltre le istituzioni perché convinti del fatto che una stretta di mano o un abbraccio non possono e non devono essere vincolati da leggi, social club, approvazioni ministeriali, o religioni.
l’altro è sanguineti, tipo il sottoscritto, molto prima della dipartita di eco, il nome della rosa e dylan dog
così succede che certe canzoni ti si stampano in testa e non se ne vanno più. chiedi loro qualche info a riguardo ma risposte non ne hai finché non accade qualcosa. come in questo caso. hero, è il pezzo di un gruppo americano, i family of the year, utilizzato anche dal bravo linklater in un suo film. io l’ho tradotto così, per gioco, per fortuna…
EROE
Lasciami
Già tanto il tuo eroe non sarò
E neanche un gentiluomo io diverrò
Ma come gli altri sì
Maschera
Per carnevale non mi servirà
Per tutti c’è una vera possibilità
E sarà anche per me così
Troverò
Anch’io un lavoro e mi accontenterò
E una ragazza in giro sì, porterò
Ma forse non sarai tu
Brividi
Ricominciare un sogno e ridere
Perché lontani non è mai facile
Ci puoi scommettere
So let me go
I don’t wanna be your hero
I don’t wanna be a big man
I just wanna fight with everyone else
gli amici di vecchia data
rispondono a esigenze precise
stare insieme il tempo
parecchi respiri
ne trovi pochi
ne avresti trovati
altri che ci sono ma non sai
il fenomeno dell’atemporalità
si cela dietro ogni fragranza
Sanremo fa parte del nostro Dna. Perché spendere ogni anno cinque giorni di fila per bollarlo? Nessuno lo guarda per ascoltare Stravinsky o Cage, lo seguiamo per la barbetta di Vessicchio, la goffaggine di Garko, l’imitazione di Belen, Elton John che parla di famiglia. Non si guarda Sanremo per la musica (tantomeno per i testi), ma per il costume, il pettegolezzo, il provincialismo del quale non dovremmo più vergognarci, ma farne tesoro. E per il ruolo sociale che riveste unendo nelle discussioni famiglie e amici molto più di altri eventi televisivi. Le solite, obsolete e scontate critiche che arrivano dai troppi improvvisati intenditori di musica lasciano davvero il tempo che trovano. Io non ho mai ascoltato gli Stadio e mai li ascolterò e fino a ieri non sapevo nemmeno chi fosse la Michielin ma intanto… viva il Festival!