La favola del paludo

24 luglio 2014

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I

Con i fichi quasi maturi
I trattori galoppano
Le donne sbucciano i cetrioli
Evocando epoche sepolte

Piove da qualche giorno
E forse pioverà per sempre
La salsedine dice e non dice
Oltre la casa del guardiano

Si pescano di acqua salmastra
Facili a dirsi, meno da assaporare
Trattorie abbandonate
Che esalano respiri inutili

Principesse dal sonno arretrato
Proseguono per la strada maestra
I sogni non attendono
Lo sanno bene anche loro

II

Quei brufoletti raccontano mille cose
Manca poco ormai a sbocciare
E Cecilia le sta accanto
La sua stellina da Le mille e una notte

Trieste ci racconta una storia da inventare
Fra poco l’assaporeremo
In fondo una sessantina di chilometri
Cosa volete che siano, non sono nulla

Se confrontati a tutti quelli
Che abbiamo percorso insieme
Mano nella mano come due inseparabili
Pagine di diario segreto

Mentre ti guardi intorno
E insegui affascinanti chimere
E ti chiedi perché siamo noi
E non altri a spulciarci le efelidi

III

È ora di andare a dormire
Russano anche i cani
E pure gli alberi dei giardini di Gorizia
Che hanno già steso i loro tappeti rossi

Dopo di noi verranno gli unni
Poi gli ostrogoti e i visigoti
E se tutto andrà secondo logica
Sarà la volta degli assiro babilonesi

Anche noi ci disseteremo alla foce dell’Eufrate
La storia si ripete
Si scaveranno nuove trincee
E nuovi campi di concentramento

Ma non staremo a guardare
Parleremo ai cannoni
Gli diremo di rinunciare
Alla solita congiura umana

IV

Mentre il torneo di Wimbledon prosegue
Come nel 1985 con Boris Becker
E quella ragazza col sedere alto
E lo schiaffo che mi sono preso

Dopo averglielo sfiorato
Più o meno volontariamente
Un tipo davvero provocante
Che mi fa girare la testa per qualche anno

Poi però le cose sono cambiate
È arrivato un tale da Voghera
Con la criniera da camaleonte
Senza paura e senza peccato

Ma c’era già lei
Una biondina molto meno bastarda
Pronta a donare tutta se stessa
Compreso il suo incredibile charme

V

Poi lei che mi ricorda secoli fa
C’era la luna piena tutte le notti
Così andavamo avanti senza timori
Come grilli abbandonati alla tormenta

Faceva freddo, ma chi se ne accorgeva
Era sempre estate, anche d’inverno
Lei stava a guardare le stelle
Che brillavano anche di giorno

Ed io con lei
Non mi lasciavo scappare l’occasione
Di osservare Venezia all’orizzonte
Mica un pianeta qualsiasi

Gli altri erano nei paraggi
Ma chi se li filava
La musica bastava e avanzava
Non servivano ipocrisie

VI

E tu che stai sempre qui ad aspettarmi
Come ieri e come sempre
Anche se non sono mai stato un cecchino
Scontatamente magnanimo

Dove i cieli si affrontano all’infinito
Ospitando ogni notte
Nuove forme di vita paradossale
Nuovi mondi da colonizzare

Fischiano uccelli con accenti blasonati
E gracidano le rane
Eccezionalmente assorte
In pensieri convulsi

La presunzione di sapere
Che il mare è vicino
E le onde invadono la battigia
Con l’agosto ormai a un passo

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VII

Un tipino magrolino di una manciata d’anni
Laggiù dove mare e sabbia si accoppiano
E dove i pescatori inventano telline
E dove le adolescenti nutrono il mare

C’erano molte meno idee
L’industria era un miraggio
Il tipino pensava alla rabbia
E al modo di arginarla

Non sapeva come sarebbe andata
Ma alla fine se l’è cavata
Oggi vive in una casa tutta sua
Con un mucchio di galline e un grande orto

Possiede inoltre una dozzina di figli
Concepiti da una dozzina di mogli
E parecchi scagnozzi
Pronti ad accoltellarlo alle spalle

VIII

L’avevo lasciata così lo scorso anno
E oggi è ancora lì
Con la solita abbronzatura di plastica
Sul solito lettino verrucoso

Sa l’italiano ma non se ne serve
Preferisce il pettegolezzo
Campa di stenti filosofici
Preferisce lo scoop

Gioca a carte d’estate
E racconta borie
Prega per abitudine
Ma non si pente mai

Di sera toglie la dentiera
E inaugura nuovi sogni confusi
Pressoché impossibili
Come volare su Ganimede

IX

Incontrata dopo più di un anno
Ho avuto una pessima impressione
Con quella faccia da merluzzo
E gli occhi da pastore maremmano

Nessuna parola da sprecare
Quella sa solo ammazzare galline
Ma ci sono i consanguinei a discutere
Al posto mio, grazie a dio

Un quintale di bla, bla, bla
E il desiderio non da poco
Di mettere qualcosa sotto i denti
Ma occorre aspettare la luna giusta

Nel frattempo ci dedichiamo all’hashish
Facendo finta di invecchiare per gioco
Provando a masticare idee
Che possano restituirci la libertà

X

Non ci sono le lucciole a Marano
Ma una moltitudine di pesce
E una casa dove vivono maghi
Con gonne violette

Passano la giornata a riposo
E danno il meglio di sé all’imbrunire
Quando la gente cena
Davanti alla tv

Tira un’aria strana
Ma non proprio sinistra
Ci vanno anche gli innamorati
Catapultati in un altro paradigma

Il custode del faro è Pietro Marani
Vive lì da almeno mille anni
C’è chi sostiene che non sia umano
Ma qualcosa di irreprensibile

XI

Non è la questione palestinese
A impensierire i nostri giorni
Ma ci sono troppe anomalie
Nel susseguirsi dei fatti

Ora che i figli di Israele sono scomparsi
Diventa tutto più complicato
E anche gli scritti di Keret
Non possono fare miracoli

Sarà l’inferno dicono
Dice qualcuno, senza dubbi
E allora si prova a sparare
Perfino la Corea partecipa alla kermesse

L’offensiva contro Gerusalemme
Una combutta già scritta
È stata inaugurata da tempo
Difficile prevedere l’esito del negoziato

XII

Non si dice malinconia
Piuttosto consapevolezza
L’immagine di un ricordo
E di un abbraccio più tenace

Siete sempre più grandi
E ogni giorno più importanti
Mica come prima
Da darvi per scontate

Alla fine si respira la stessa aria
Con lo stesso fragore
Non si scappa alle illusioni
Così comanda il tempo

Ma abbiamo il calendario
A tenerci vicinissimi
Meno tre, meno due, meno uno
Finché un bacio


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